Sport e Terzo Settore

Si avvicina a grandi passi il 2020, anno in cui tutto fa presumere vada (finalmente) a regime la riforma del Terzo Settore.

E’ quindi giunto il momento, anche per il mondo dello sport, di valutare la convenienza o meno a entrare nel nuovo regime del Terzo Settore disegnato dal decreto legislativo 117/17. Non vi è dubbio che non ci potrà essere una risposta univoca e che vada bene per tutti.

Mi accodo, pertanto, a tutti coloro i quali hanno risposto “dipende” a questa domanda, ossia ci saranno associazioni e società sportive che per la tipologia di attività svolta avranno convenienza ad entrare nel terzo settore e altre meno.

Cercherò quindi, in una serie di contributi, di analizzare i vari aspetti della scelta che si presenta davanti al mondo dello sport per fornire qualche elemento di valutazione ai dirigenti interessati.

Qual è la natura dell’associazione?

Il punto di partenza è che, al momento, la riforma interessa solo quelle associazioni sportive dilettantistiche che abbiano già acquisito anche la natura di associazioni di promozione sociale, di organizzazione di volontariato o di onlus.

Esclusivamente queste, ove non lo abbiano già fatto, dovranno procedere, entro il 30 giugno del prossimo anno, ove intendano confermare la loro volontà di rimanere all’interno del Terzo Settore, provvedere, ove non lo avessero ancora fatto, all’adeguamento del loro statuto.

Tutte le altre associazioni sportive dilettantistiche che intendessero entrare nel registro unico del terzo settore (Runts) lo potranno fare quando vorranno e senza scadenze. Fino a quel momento continueranno ad applicare le vigenti norme che disciplinano le associazioni sportive iscritte solo al Registro Coni.

A chi conviene e quali sono i requisiti?

Ciò premesso si pone il problema: a chi conviene entrare nel nuovo regime introdotto dal codice del terzo settore?

Il primo problema da affrontare è quello di verificare se l’associazione interessata abbia o meno i requisiti per poter chiedere di essere iscritta anche al registro unico del terzo settore e, solo successivamente, ovviamente, potremo stabilire se, potendolo fare, convenga farlo.

Il primo punto da analizzare è quello che per entrare sarà necessario svolgere in via principale una attività di interesse generale.

Sotto questo profilo il problema è facilmente risolvibile in quanto nell’elenco delle attività previsto dall’articolo quinto del codice è espressamente prevista l’attività sportiva dilettantistica.

Pubblicità e sponsorizzazioni, come rientrano nel Terzo Settore?

Ma qui si pone il primo problema al momento privo di risposte certe. Una delle voci di maggior introito per le nostre associazioni, in specie per quelle che fanno attività agonistica con gli sport di squadra, è data dalla pubblicità e dalle sponsorizzazioni.

Tale attività, ai fini del codice del terzo settore, è da intendersi come attività diversa? Se così fosse, come a prima vista credo si debba ritenere, entrerà nel computo dei proventi di cui all’art. 6 del codice che dovranno essere, (il dato viene indicato sulla base di indiscrezioni in attesa del decreto applicativo di tale norma, da tempo annunciato ma purtroppo ad oggi non ancora noto) non più del 30% del totale dei proventi del sodalizio sportivo.

Pertanto, se il ragionamento sopra esposto fosse confermato, tutte le associazioni i cui proventi da pubblicità e sponsorizzazione superassero il 30% del totale dei proventi rimanenti, sarebbero impossibilitate a entrare nel terzo settore.

Compensi sportivi e volontari

Altro aspetto. Negli enti del Terzo Settore deve prevalere il lavoro dei volontari, intendendosi come tali coloro i quali svolgono attività a titolo completamente gratuito.

Ritenendo credo con buona approssimazione che non potranno essere tali gli atleti e gli iscritti ai corsi sportivi e comunque partecipanti alle iniziative della associazione, escludendo i percettori di compensi sportivi, siamo certi che i dirigenti “veramente volontari” siano prevalenti rispetto a quelli che percepiscono compensi sportivi?

Addirittura, parlando delle associazioni di promozione sociale, approdo quasi obbligato per il regime fiscale applicabile da parte delle sportive, questi volontari dovranno essere il doppio dei soggetti a cui vengono erogati i compensi sportivi.

Dovranno essere espressamente indicati nel registro e regolarmente assicurati.

Ammesso che si riescano a superare questi primi due paletti, che comunque ridurranno notevolmente, a mio avviso, il numero di associazioni che potranno avere potenzialmente i requisiti per accedere al Runts, si dovranno analizzare i nuovi adempimenti e il nuovo regime fiscale applicabile e gli eventuali vantaggi conseguibili.

Ma su questo ci torneremo la prossima volta.

di Guido Martinelli, Avvocato specializzato in Diritto Tributario e in Diritto delle Associazioni |

fonte: www.asisportfisco.it