Educazione motoria nelle scuole. Non smetteremo di batterci

di Claudio Barbaro.

Che strana sorte tocca allo Sport. Gli italiani ne parlano tanto, lo conoscono, lo discutono ma ne fanno poco e si tengono ben stretta – per usare un termine caro al Ciclismo – la maglia nera che spetta a uno tra i popoli più sedentari d’Europa. E fin qui si tratterebbe di un impegno al cambiamento, del quale dovrebbero farsi carico le Istituzioni che, in effetti, sottolineano a cadenza periodica e a guisa di cantilena, come l’attività fisica sia ai primi posti tra le necessità primarie del Paese. Esigenze di educazione, di salute e via discorrendo… Ma poi, di fatto, lo Sport rimane al palo.
Tante parole e pochi fatti. Abitudine persistente tutta italiana. Per questo, ad esempio, restiamo tra le poche nazioni al mondo che non ha un museo dello sport, tra i quasi 4mila del suo patrimonio. E per questo la riforma dello Sport annaspa tra endemici ritardi, come anche l’inserimento proprio della parola ‘Sport’ trai principi fondamentali della Costituzione. L’obiettivo, che ci vide in pima fila, era quello di fare dello Sport oggetto di promozione attraverso il suo inserimento all’interno dell’articolo 9, dove la Carta Fondamentale recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” o nell’articolo 2 della nostra Carta, laddove si affronta il tema dei diritti fondamentali, sia quelli individuali che quelli impliciti nelle “formazioni sociali” ove si svolge “la personalità dell’individuo“.
Stessa sorte per l’introduzione dell’educazione motoria nella scuola primaria presente nel disegno di legge di Bilancio da noi salutato come un fatto epocale rispetto al quale, peraltro, ci eravamo impegnati negli anni fino al disegno di legge 992 – del quale sono stato relatore alla Commissione Istruzione – per introdurre in via sperimentale dell’insegnamento delle discipline motorie già dalle elementari, con particolare attenzione agli aspetti formativi ed educativi, vieppiù con sensibilità peculiare per gli alunni con problemi di disabilità. Tanto di quel testo è stato poi recepito dalla stessa Legge di Bilancio.
La previsione in Finanziaria di insegnanti in Scienze motorie nella scuola, si è però sciolta come neve al sole, nonostante la decisione della sottosegretaria Valentina Vezzali in quella direzione. Centosessanta milioni la copertura che, prima di arrivare a Palazzo Madama, è stata corretta dai ministri dell’Istruzione e dell’Economia. Anno scolastico 2022-23, l’entrata in vigore del progetto: ma solo per le quinte classi e l’anno successivo per le quarte e solo… nei limiti delle attuali risorse finanziarie.

Aver ridotto i fondi per l’educazione fisica nella scuola primaria è delittuoso. Fatichiamo a riconoscerci in uno Stato che non investe nella cultura dello sport, nell’educazione al movimento e al benessere fisico sin dai primi anni della vita di un giovane. Dopo un passo in avanti nella direzione giusta assistiamo puntualmente a due indietro. E a pagare dazio, quando si tratta di tagliare fondi, è sempre lo Sport. La possibilità di poter far finalmente crescere il nostro mondo all’interno dell’istituzione scolastica, è stato rivoluzionato, svuotato di significati e di investimenti. Ed è stato ridotto a un mero provvedimento di facciata che andrà per l’ennesima volta a rinviare il ‘problema’ (termine non casuale).
La famiglia ha un ruolo primario nei processi di educazione anche allo sport e nelle dinamiche di conservazione del comportamento ludico tipico dell’infanzia, lasciando parzialmente il passo alla scuola pronta a prenderne il testimone… ma non in Italia. Si, perché dati recenti confermano che il nostro Paese è fanalino di coda con 480 ore l’anno di educazione motoria nei vari gradi scolastici. Paesi come la Francia di ore ne contano oltre 2000. Il Belgio più di mille, come Germania, Finlandia, Grecia, Inghilterra, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera e via elencando. Alla portata, solo la Turchia con 640 ore.
Dati sconfortanti anche per quanto attiene gli impianti sportivi annessi ai plessi scolastici. L’implementazione di quelle strutture consentirebbe di poter raggiungere un duplice obiettivo: favorire lo sport e le attività motorie nelle scuole e mettere a disposizione dell’intera comunità territoriale tali risorse. Ebbene, in Italia stando ai dati relativi al 2018 rilasciati dal ministero dell’Istruzione, sono oltre 40mila gli edifici statali. Di questi, solo 16mila, ovvero 4 su 10, sono dotati di un impianto, come una palestra o una piscina. Un dato, peraltro, fortemente variabile a livello regionale. In due regioni, Friuli e Piemonte, gli edifici scolastici dotati di strutture sportive superano la metà del totale, con rispettivamente il 57,8% e il 51%. Al terzo posto la Toscana con il 48%.  Agli ultimi posti, con meno di 3 edifici scolastici dotati di impianti su 10, troviamo Calabria (20,5%) e Campania (26,1%).

Sul tema della scuola – e di uno Stato che deve tornare a fare lo Stato esercitando la sua presenza sui temi considerati strategici – continueremo a dare battaglia.

(Primato, gennaio 2022)

 

Fonte: ASI NAZIONALE